Son sempre stata piuttosto brava coi ricordi. Non è un vanto: ho una buona memoria, coi numeri e le date soprattutto, ma anche memoria fotografica e associativa. Mi basta un minuscolo flash e bam! A valanga tutto il resto. Dev’essere uno scherzo del destino, dato che sono geneticamente predisposta al morbo di Alzheimer.
Genova 2001. Il caldo era lo stesso, almeno fino a ieri.
Ricordo le discussioni delle settimane precedenti: coi genitori, col mio ragazzo. Ognuno trovava un motivo per non andare. Io bruciavo e cercavo di spiegare, ma in fondo avevo già deciso, con o senza il loro benestare.
Ricordo l’agitazione dentro le gambe sotto il tavolo, mentre aspettavo coscientemente il momento per annunciare la mia dipartita dal consiglio comunale. Poi Roccaverano, la festa, l’alba, il treno, l’arrivo a Genova, le facce smarrite e il rumore degli elicotteri come un ronzìo costante dentro le orecchie.
Ricordo che mentre sfilavamo avevo paura e non sapevo bene perchè. L’ho capito poco più tardi, mentre ci allontanavamo, con la stessa agitazione dentro le gambe, mentre ascoltavamo i racconti e il rumore degli elicotteri diventava più minaccioso.
Io sono tornata senza un graffio, senza un capello torto: la paura mi ha portata a casa e non mi riesce di non sentirmi vigliacca.
Le sentenze non raccontano la storia, nemmeno la mia, per quanto irrilevante possa essere.
In questo caso non ho una ricetta, è questo è destabilizzante: ci sono ricordi per cui non basta cucinare, alcune volte non c’è rimedio.
Per il caldo invece qualche rimedio c’è, la pioggia, per esempio, o dell’anguria gelata se il cielo non ne vuol sapere.
ANGURIA GHIACCIATA
Scavate l’anguria e mettete le palline nel congelatore per qualche ora. Al momento di servire, guarnite con una manciata di foglioline di menta fresca e del succo di limone.
E poi mi viene in mente questa…
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Mi fai tornare a tutta una vita passata, ma sempre presente. Ai concerti dei Radici, alle assemblee di gestione, ai pullman dei cortei e alla rabbia e alla speranza. Cerco una nuova forma adesso da dare a quella rabbia, ma è difficile davvero trovarla, così tanto che la tentazione spesso è di non sentire…ma poi non ce la faccio.
A volte mi pare di non avere alcuna sensibilità,mi sento proiettata in una realtà troppo morbida, pacifica per quello che ero.
Ma come hai detto tu,è una sensazione…non si possono non “sentire”certe emozioni,certi ricordi.
Ti abbraccio!
Condivido in pieno, come se fossi io.
Un abbraccio anche a te!
Io non godo di una memoria così buona come la tua. Memoria visivi ed emozionale mi salvano. Le date invece le dimentico spesso nel cassetto, eppure ho ricordato subite tutto. Non ero lì, stavo per superare però il confine dalla Svizzera per fare un fine settimana in Italia. Fu un’estate trascorsa a lavorare all’estero e a scoprire per la prima volta il razzismo verso gli italiani. Quel giorno però lo ricordo.
A volte vorrei riuscire a dimenticarle certe giornate.
Ma è solo la sensazione di un momento,poi ringrazio di aver buona memoria.
Grazie Ros,un abbraccio
Immagino avrai visto il film di Daniele Vicari… è stata una delle rare volte in cui sono uscita dal cinema inerme, muta, gelata, indignata, sbigottita, rabbiosa e impotente allo stesso tempo, con la voglia di gridare ma senza la forza di far uscire un fiato.
In quel luglio ero all’Elba, appena arrivata in una stanza morbida che subito è diventata fredda e nera per le immagini che arrivavano da un piccolo schermo. Solo chi c’era può sapere e “sentire” davvero, ma l’eco che ha avuto su tutti noi, come un boomerang in piena faccia, ancora oggi, anche solo leggendoti, è un boato enorme.
No, non si dimentica. Non si può.
Non si deve.
Ti dirò,non l’ho visto, volontariamente.
Avevo paura di risentire certe emozioni e non ero psicologicamente pronta per farlo.
Ma lo guarderò credo, prima o poi.
E lo farò vedere ai miei figli, cercando di spiegare, se spiegare è possibile…