On air:” I promise- Radiohead”
L’estate a sei anni aveva l’odore del legno delle persiane scrostate dal sole: la luce, nelle ore più calde, trafiggeva la stanza e le trame di cotone leggero dei nostri letti, i tappeti erano morbidi inferni su cui raramente poggiavo i piedi scalzi, abissi da cui dovevo fuggire per non perdermi.
La vecchia bottega vicino a casa, rimaneva l’unica risorsa contro l’indolenza estiva: ci facevamo largo tra le casse sparse a terra senza apparente logica, nel caos umido della penombra, scansando l’odore della frutta fermentata, in cerca del frigorifero dei gelati.
A sedici anni l’estate iniziava il giorno stesso in cui la scuola finiva: l’odore della nuova stagione si sprigionava dalle pagine dei libri chiusi, dalle cartelle abbandonate negli angoli più polverosi della camera, ancora cariche di fogli e cancellature, di piccole matite masticate dall’ansia.
Le giornate iniziavano lente per finire tra i raggi veloci della bicicletta: da qualche parte il grano aveva già piegato la testa, muto e immobile, sembrava non badare troppo alle nostre risate e al vento che ci portavamo via pedalando.
L’estate, ora, ha il profumo del gelsomino, che ti accoglie mentre dall’orto saliamo verso casa, l’odore greve del bosco e della sua terra calda che ti accoglie alla fine della giornata come una buona madre.
L’acqua del torrente ha l’aria placida di chi è arrivato esattamente dove voleva: non corre, sfiora appena le rocce, ma lascia un segno indelebile del suo passaggio tra le radici sospese. Allo stesso modo ci godiamo la luce lunga delle giornate rimandando cene e doveri, diamo il tempo alle mani per lavorare senza fretta.
A volte, in questi silenzi, sento che potrei perdermi: riesco a dimenticare dove sono e chi sono, ad allentare la morsa, a ricostruire l’odore di una nuova stagione.
Come un’età, l’estate sta tornando e con lei tutti i suoi riti.
L’età delle fave per me è arrivata solo negli ultimi anni: anche se la resa di questi legumi è piuttosto bassa, come per i piselli, ne amo la gestualità placida, quel “ruota e strappa“, il mormorio delle nostre voci attorno al tavolo sotto il pergolato, i fruscii e le mani lente che sembrano voler accogliere il silenzio.
Le fave sono piuttosto facili da coltivare: seminatele tra ottobre e marzo, in file distanti 50-70 cm tra loro. Come i fagioli, le fave non sono particolarmente esigenti, ma richiedono un’annaffiatura continua nel periodo della fioritura.
Evitate i ristagni d’acqua e raccogliete i baccelli quando risulteranno gonfi e verdi.
Queste polpette sono estremamente semplici da realizzare, il gusto delicato- posso assicurarvi- è a prova di bambino. Se volete dare un tocco in più, accompagnatele a una salsa tzatziki e a degli anelli di cipolla rossa cotti in forno con sesamo nero e cumino.
Buona settimana a tutti,
Manuela
- 260 g di fave sgusciate
- 200 g di ricotta di bufala
- 2 panini secchi
- 1 uovo
- 30 g di pecorino grattugiato
- pepe bianco q.b.
- sale fino q.b.
- 1 spicchio d'aglio piccolo (facoltativo)
- pan grattato q.b.
- olio extravergine di oliva
- Ammollate i panini in poca acqua: bagnateli gradualmente così da non smollarli troppo. Spezzettate il pane con le mani e cercate di ottenere una massa omogenea.
- Sbollentate le fave in acqua bollente per qualche minuto: scolatele e fate raffreddare. Inserite i legumi nel mixer insieme a una parte del pane e all'aglio privo dell'anima.
- Lavorate fino a ottenere una purea omogenea.
- Unite il composto al pane rimasto, al pecorino, alla ricotta, all'uovo e lavorate con un cucchiaio di legno fino ad amalgamare tutto. Salate, pepate e unite qualche cucchiaio di pan grattato.
- Scaldate il forno a 180°C.
- Formate delle polpette e passatele nel pan grattato, poi distribuitele in una pirofila leggermente oliata. Riempite la teglia, condite con un filo d'olio e infornate per 40 minuti circa, fino a completa doratura delle polpette.
- Servite calde o tiepide accompagnate da tzatziki.
11 comments
Finalmente ce l’ho fatta a passare da qui… sarà forse merito della parola “estate” che fa da incipit alla tua ricetta, la colonna sonora o semplicemente un pancione di 35 settimane e una voglia matta di fave (o come si dice dalla mie parti “baccelli”). Inutile dire che la premessa alla ricetta era magica come sempre, ma la ricetta le tiene testa! La ricotta di bufala é rara da queste parti, quelle oltreoceano, ma i banchi del mercato- quelli fidati- iniziano a mettere fuori i cesti delle prime fave (siamo in ritardo rispetto alla stagionalità italiana) ed io ho già fatto loro visita più di una volta… Chissà che fra un trasloco e un parto non riesca davvero a farle, devono essere eccezionali!
Mentre immagino la perfezione dei sapori di queste polpette sposate con lo tzatziki mi perdo nell’estate dei sedici anni, nei campi dietro casa, nei pomeriggi infiniti a casa tua e nelle sere coi motorini con le canzoni urlate alle stelle, ..si cresce e le bici e i motorini vengono sostituiti ma i campi e le canzoni per fortuna restano lì e anche noi. I pomeriggi sono meno infiniti ma l’intensità è la stessa, soprattutto se accompagnata al tuo pane nell’ora dell’aperitivo <3
Hai ragione, sono meno intensi, ma sono comunque nostri…e un po’ mi commuovo a pensare che siamo ancora qui, con aperitivi e piccoli cantanti, con i nostri momenti insieme :*
Questo post è l’essenza del tuo essere, è bellissimo! Da rileggere! Abbiamo avuto estati simili, e questo ci ha fatte crescere così, uguali a distanza!
I chilometri in questi casi sono solo un dettaglio, la campagna ci ha formate e viste crescere insieme al grano e alle stagioni.
Ti mando un abbraccio!
Sembra l’estate lontano di una volta, con gli odori della verdura fresca e del bosco che ha tanti segreti.
Buonissime le polpette!
Ulica 🙂
Non riesco a stancarmi di quei ricordi e gli odori, ogni volta che ci penso, sono tra le prime cose che mi arrivano decise alla mente.
Grazie mille Ulica, a presto!
Che meraviglia!!! Ma in che posto splendido vivi? Quelle polpette sono buonissime
Sai che lo penso anch’io ogni volta Michela!? È un posto magico, un po’ come sono certi sopravvissuti, hanno un fascino unico 🙂
Un abbraccio
Niente bici e grano nelle mie estati adolescenti, ma autobus bollenti (in bici ho imparato ad andare a 20 anni!!) e parchi cittadini, con piccole interruzioni sulle montagne molisane…bici e grano in compenso ci sono ora, anche se il clima è già troppo torrido per goderne come giugno vorrebbe, e le spighe hanno già abbassato la testa da diverse settimane, stroncate dalla siccità. E’ una stagione strana da queste parti, che mi fa vivere questa fine primavera con una certa angoscia di sottofondo…la campagna sa essere anche crudele a volte, ti spiattella davanti il clima anomalo senza starsi troppo a nascodere dietro i palazzi e i tavolini dei bar del centro. Mi rifugio nelle tue immagini verdi, e in quel torrente limpido, in cui metterei volentieri i piedi a bagno in questo momento. Appena prima di una cena tardiva a base di polpette, e birra ghiacciata, ovviamente 🙂
La mia estate da bambina sapeva di Isola d’Elba e poi di nuovi mare da scoprire, viaggi in macchina con la voce di De Gregori, cappelli di paglia e riccioli ribelli, che nel tempo ho perso ma quel qualcosa di ribelle mi sa proprio che è rimasto… 😉 L’estate è la mia stagione da sempre e non voglio che smetta di essere così, mi piace mantenere questo legame forte e quest’euforia tutte le volte che arriva e l’accolgo felice come fossi ancora un po’ quella bambina… sorrido – ma sorridi anche tu – perchè mi hai accompagnato queste polpette con la famosa salsa greca che presto potrò assaggiare in loco! E due anni fa avevo fatto le polpette di pane partendo da una tua ricetta, quindi stringo questo post, il tuo verde e la voglia di camminare tra i sentieri fino ad agosto… 🙂