On air: “Every time the sun comes up- Sharon Van Etten”La sveglia presto, i regali da scartare e i piatti pronti da impacchettare.
Natale sembra che si muova grazie ad un meccanismo perfettamente oliato: si conosce la meta, si conoscono a memoria i volti e le battute, attorno al tavolo siedono gli stessi personaggi di sempre, ognuno col proprio ruolo, come nelle migliori pièces teatrali.
Mio padre, col suo sguardo da finto burbero, sceglie l’angolo più lontano dai fornelli e per un lungo giorno si abbandona totalmente alla sedia, dimenticando le responsabilità e rabboccando il bicchiere di vino quanto basta.
Mastica e mugugna un “mi piace” nel più classico dei dialetti lombardi, lasciando solo lo spazio per dei piccoli respiri tra un boccone e l’altro.
Mia madre fiera delle sue decorazioni, ti accoglie con un “Le hai viste? Ti piacciono?” e inizia a raccontare ancor prima che tu riesca a levare il cappotto.
E’ impeccabile anche dietro a un grembiule di cotone ricamato, ma la verità è che ha la stessa passione di un’ adolescente quando parla dei suoi fiori.
Siede capotavola, o per meglio dire, lì ha il suo piatto, perchè da perfetta padrona di casa non dimentica pentole e fuochi fino all’ultimo secondo. Si gusta appena il sapore della portata per poi tornare di corsa a rassettare la cucina.Mia sorella sta già alzando gli occhi al cielo: cerca il mio sguardo complice e commenta senza dire una parola, esattamente come facevamo vent’anni fa.
Elegante e sofisticata com’è, non si accorge che sul muro proietta la stessa ombra di nostra madre: le stesse mani che gesticolano, la stessa silhouette esile, ma decisa, lo stesso abito ricercato e quel dettaglio di rosso sulle labbra strette che si nota appena.
Mio fratello, da trentenne mancato, fa la spola tra la tavola e la stanza, riempiendosi la bocca ad ogni passaggio, accennando un discorso solo quando la domanda non lascia scampo.In questo quadretto, io arrivo un po’ in secondo piano, nascosta dalla mia pila di teglie incartate nell’alluminio, più preoccupata per il pranzo che per la messa in piega, lontana mille miglia dall’eleganza della compagine femminile, più simile a mio padre sia per sguardo che per concretezza. Questo piatto rispecchia molto la mia famiglia: noi che non cerchiamo l’oro se non nel piatto, che amiamo la campagna e sappiamo ancora come farne parte in maniera attiva, che d’estate ci rifugiamo nei boschi e e ne portiamo a casa il profumo, per non sentirci tanto soli quando l’inverno arriva.
Pur non avendo una vera e propria tradizione a tavola nel giorno di Natale abbiamo sempre dato la priorità alla pasta fatta in casa.
Per il mio menù di Natale ho scelto la farina di farro e lo zafferano, la carne di coniglio e i funghi, ingredienti che nella loro semplicità riescono a dare solennità al piatto.
Dopo la brioche al Moscato e l‘antipasto della scorsa settimana, prosegue il mio menù di Natale con questo primo piatto che profuma di famiglia e di ricette di una volta.
Il mio consiglio, se avete poo tempo, è quello di preparare la pasta con un certo anticipo, magari durante uno dei fine settimana prima delle feste e di congelarla in monoporzioni, dopo averla in parte essicata , così da evitare qualsiasi spreco.
- Per la pasta fresca:
- farina di farro tipo 0 600 g
- farina di semola di grano duro 200 g
- uova 8
- zafferano 2 bustine
- sale una presa
- Per il ragù:
- coniglio 1 (da disossare) completo di fegatini
- carote 2
- sedano 2 gambi
- cipolla 1
- alloro 1 foglia
- ginepro 2 bacche
- timo 1 rametto
- +
- 1 carota/1 cipolla/ 1 gambo di sedano per il brodo
- olio extravergine
- vino bianco secco 1 bicchiere
- sale
- pepe
- aglio uno spicchio
- funghi porcini surgelati 100 g
- Preparate la pasta fresca disponendo le farine a fontana sulla spianatoia. Fate un cratere ampio nel centro e sgusciatevi le uova. Unite lo zafferano e la presa di sale.
- Con le dita mescolate e iniziate a portare la farina al centro, amalgamando con le uova.
- Quando l'impasto sarà più sodo, iniziate ad impastare e formate una palla liscia.
- Avvolgete nella pellicola e riponete in frigorifero a riposare almeno un'ora.
- Riprendete la pasta e stendete ( col mattarello o con la macchina), formate dei rettangoli di 12 cm di lato, dello spessore di 2 mm.
- Tagliate le pappardelle con la rotella dentellata, formando delle tagliatelle di 2 cm di larghezza.
- Stendete ad asciugare per un paio d'ore e se necessario congelate in monoporzioni su vassoi infarinati con la semola. Una volta surgelate, riponete nei sacchetti e chiudete.
- Per il ragù: disossate il coniglio, partendo dalle cosce, cercando di seguire l'osso e avendo cura di non strappare le carni. Se avete un macellaio di fiducia, chiedete di indicarvi come procedere.
- Con le ossa e le verdure indicate, preparate un brodo che vi servirà per bagnare il ragù e per la cottura della pasta.
- Tagliate la carne in cubetti non più grandi di un centimetro.
- Preparate una brunoise con le verdure, fatele soffriggere con l'alloro e le bacche in un filo d'olio, unite i fegatini puliti e fatti a pezzi, poi aggiungete la carne e procedete come per un classico ragù bianco, sfumando col vino e poi di tanto in tanto col brodo. Salate e pepate, poi tenete da parte.
- In tegame a parte, fate soffriggere uno spicchio d'aglio e unite i funghi, fate rosolare a fiamma viva, salate e tenete da parte.
- Mettete a bollire una parte di brodo filtrato e schiumato e una parte d'acqua, salate e fate cuocere le pappardelle, prelevatele con una schiumarola e unitele direttamente al ragù al quale avrete aggiunto i porcini privati dell'aglio.
- Amalgamate con un mestolo d'acqua di cottura e servite ben calde.
[:en]
On air: “Every time the sun comes up- Sharon Van Etten”La sveglia presto, i regali da scartare e i piatti pronti da impacchettare.
Natale sembra che si muova grazie ad un meccanismo perfettamente oliato: si conosce la meta, si conoscono a memoria i volti e le battute, attorno al tavolo siedono gli stessi personaggi di sempre, ognuno col proprio ruolo, come nelle migliori pièces teatrali.
Mio padre, col suo sguardo da finto burbero, sceglie l’angolo più lontano dai fornelli e per un lungo giorno si abbandona totalmente alla sedia, dimenticando le responsabilità e rabboccando il bicchiere di vino quanto basta.
Mastica e mugugna un “mi piace” nel più classico dei dialetti lombardi, lasciando solo lo spazio per dei piccoli respiri tra un boccone e l’altro.
Mia madre fiera delle sue decorazioni, ti accoglie con un “Le hai viste? Ti piacciono?” e inizia a raccontare ancor prima che tu riesca a levare il cappotto.
E’ impeccabile anche dietro a un grembiule di cotone ricamato, ma la verità è che ha la stessa passione di un’ adolescente quando parla dei suoi fiori.
Siede capotavola, o per meglio dire, lì ha il suo piatto, perchè da perfetta padrona di casa non dimentica pentole e fuochi fino all’ultimo secondo. Si gusta appena il sapore della portata per poi tornare di corsa a rassettare la cucina.Mia sorella sta già alzando gli occhi al cielo: cerca il mio sguardo complice e commenta senza dire una parola, esattamente come facevamo vent’anni fa.
Elegante e sofisticata com’è, non si accorge che sul muro proietta la stessa ombra di nostra madre: le stesse mani che gesticolano, la stessa silhouette esile, ma decisa, lo stesso abito ricercato e quel dettaglio di rosso sulle labbra strette che si nota appena.
Mio fratello, da trentenne mancato, fa la spola tra la tavola e la stanza, riempiendosi la bocca ad ogni passaggio, accennando un discorso solo quando la domanda non lascia scampo.In questo quadretto, io arrivo un po’ in secondo piano, nascosta dalla mia pila di teglie incartate nell’alluminio, più preoccupata per il pranzo che per la messa in piega, lontana mille miglia dall’eleganza della compagine femminile, più simile a mio padre sia per sguardo che per concretezza. Questo piatto rispecchia molto la mia famiglia: noi che non cerchiamo l’oro se non nel piatto, che amiamo la campagna e sappiamo ancora come farne parte in maniera attiva, che d’estate ci rifugiamo nei boschi e e ne portiamo a casa il profumo, per non sentirci tanto soli quando l’inverno arriva.
Pur non avendo una vera e propria tradizione a tavola nel giorno di Natale abbiamo sempre dato la priorità alla pasta fatta in casa.
Per il mio menù di Natale ho scelto la farina di farro e lo zafferano, la carne di coniglio e i funghi, ingredienti che nella loro semplicità riescono a dare solennità al piatto.
Dopo la brioche al Moscato e l‘antipasto della scorsa settimana, prosegue il mio menù di Natale con questo primo piatto che profuma di famiglia e di ricette di una volta.
Il mio consiglio, se avete poo tempo, è quello di preparare la pasta con un certo anticipo, magari durante uno dei fine settimana prima delle feste e di congelarla in monoporzioni, dopo averla in parte essicata , così da evitare qualsiasi spreco.
- Per la pasta fresca:
- farina di farro tipo 0 600 g
- farina di semola di grano duro 200 g
- uova 8
- zafferano 2 bustine
- sale una presa
- Per il ragù:
- coniglio 1 (da disossare) completo di fegatini
- carote 2
- sedano 2 gambi
- cipolla 1
- alloro 1 foglia
- ginepro 2 bacche
- timo 1 rametto
- +
- 1 carota/1 cipolla/ 1 gambo di sedano per il brodo
- olio extravergine
- vino bianco secco 1 bicchiere
- sale
- pepe
- aglio uno spicchio
- funghi porcini surgelati 100 g
- Preparate la pasta fresca disponendo le farine a fontana sulla spianatoia. Fate un cratere ampio nel centro e sgusciatevi le uova. Unite lo zafferano e la presa di sale.
- Con le dita mescolate e iniziate a portare la farina al centro, amalgamando con le uova.
- Quando l'impasto sarà più sodo, iniziate ad impastare e formate una palla liscia.
- Avvolgete nella pellicola e riponete in frigorifero a riposare almeno un'ora.
- Riprendete la pasta e stendete ( col mattarello o con la macchina), formate dei rettangoli di 12 cm di lato, dello spessore di 2 mm.
- Tagliate le pappardelle con la rotella dentellata, formando delle tagliatelle di 2 cm di larghezza.
- Stendete ad asciugare per un paio d'ore e se necessario congelate in monoporzioni su vassoi infarinati con la semola. Una volta surgelate, riponete nei sacchetti e chiudete.
- Per il ragù: disossate il coniglio, partendo dalle cosce, cercando di seguire l'osso e avendo cura di non strappare le carni. Se avete un macellaio di fiducia, chiedete di indicarvi come procedere.
- Con le ossa e le verdure indicate, preparate un brodo che vi servirà per bagnare il ragù e per la cottura della pasta.
- Tagliate la carne in cubetti non più grandi di un centimetro.
- Preparate una brunoise con le verdure, fatele soffriggere con l'alloro e le bacche in un filo d'olio, unite i fegatini puliti e fatti a pezzi, poi aggiungete la carne e procedete come per un classico ragù bianco, sfumando col vino e poi di tanto in tanto col brodo. Salate e pepate, poi tenete da parte.
- In tegame a parte, fate soffriggere uno spicchio d'aglio e unite i funghi, fate rosolare a fiamma viva, salate e tenete da parte.
- Mettete a bollire una parte di brodo filtrato e schiumato e una parte d'acqua, salate e fate cuocere le pappardelle, prelevatele con una schiumarola e unitele direttamente al ragù al quale avrete aggiunto i porcini privati dell'aglio.
- Amalgamate con un mestolo d'acqua di cottura e servite ben calde.
11 comments
Alle tradizioni, alle ripetizioni sempre uguali che ci cullano e ci fanno crescere con la sicurezza che tutto andrà bene, sempre.
In queste pappardelle io ci vedo un nido, una culla come dici tu, dove appoggiarsi e lasciarsi trasportare dai pensieri più belli, gialli come il sole e come l’oro 🙂
Per quanto possano essere ripetitive, e a volte scontate,le tradizioni nei giorni di festa, credo siano proprio loro a far si che tutto abbia sempre lo stesso magico ed unico sapore.
E sono certa che, anche le tue paplardelle, siano buone e gustose allo stesso modo.
La voglia di ricreare un’atmosfera quest’anno è più forte del solito…quand’è così finisco sempre con le mani infarinate!
Spero che anche i miei ospiti apprezzeranno la scelta 🙂
Un abbraccio
Come sempre non i tuoi racconti e le tue ricette non mi deludono mai. Come vorrei poter raccontare le cose come le fai tu… ho immaginato la tua famiglia riunita attorno ad un tavolo, e ho ricordato la mia. Sulle tagliatelle che dire? Abbiamo avuto praticamente la stessa idea!
E’ divertente trovare parole per ognuno, come quando si sceglie l’abito più bello.
Mi piacerebbe sentirti raccontare della tua famiglia 🙂
E magari provare le tue pappardelle!
Vorrei avere anche io una scaletta di legno a cui appendere piccoli pacchi di carta con sorprese, che giorno per giorno sappiano stupirmi o regalarmi un sorriso nuovo… il Natale che qui ancora non respiro l’ho un po’ assorbito da te, tra cuori appesi in mezzo alla luci e un albero rosso… leggerti, oggi, sapendo dove ti muovi e come ti muovi nella tua cucina è ancora più bello e più vero… ripenso alla spianatoia davanti alla finestra, alla ciotolina con le uova accanto (!) e a tutto quello che vorremmo mettere nell’impasto della pasta fresca, oltre allo zafferano… parole-sogni-punti di domanda-chissà…
E’ un amore sottile, fragile questo per il Natale, basta davvero poco per spezzarlo, per renderlo impossibile.
Sono felice che tu abbia trovato una piccola ispirazione, che sia stata qui con noi, tra vecchie scale e pacchettini.
Rido ancora per le uova e so he lo farò a lungo, almeno fino alla prossima foto scattata insieme 😉
E fino ad allora mi divertirò a mettere nuovi raccconti nell’impasto, sogni, pensieri, coincidenze …
Un abbraccio!
E’ stato proprio come essere lì e guardare la tua famiglia attraverso i tuoi occhi e conoscere un po’ di ognuno di loro… Questo piatto è la sintesi della cucina abruzzese e delle feste di Natale, complimenti 🙂
Ps: anche la tavola è quanto di più natalizio possa esistere per me, impeccabile!
Grazie Marina!
Sappi che sei la benvenuta!
Con o senza famiglia s’intende, ma sicuramente con la tovaglia della nonna a cui sono tanto legata!
A presto
Queste sono le tradizioni natalizie che piacciono a me.. leggere di famiglie sedute a tavola, di piatti e di emozioni che vi si celano dietro.
Una meraviglia, queste tagliatelle!