Certe storie in cucina nascono molto più in là dei fuochi che le vedono crescere, intrecciate come maglie di vimini, sospiranti e silenziose, figlie di un territorio infinito.
Il più delle volte si tratta di singole parole, appese in aria, buttate nella mischia, che nel consueto caos quotidiano, scivolano a terra e si aggrappano alla mente sedimentando piano.
Le chiacchierate tra amici, sono le situazioni che preferisco per veder nascere nuove idee: c’è tutto il tempo per rielaborare, cercare incipit e ordire storie.
Se ne coglie il senso solo alimentando la pazienza: è solo allora, che tutte quelle parole distanti e diverse, cominciano a legare tra loro, proprio come capita per certi quadri, che solo se rivisti da lontano assumono un contorno nitido.
L’inverno e il nuovo anno, stanno portando molte più novità del previsto: io cerco di mantenere il giusto distacco, quel contegno saggio e rispettoso di chi sa di avere ancora molto da fare e da imparare, chiudo gli occhi e respiro un po’ più a lungo.
Tra i vari propositi per il 2016, qualcuno scritto e qualcuno solo pensato, c’è quello di riprendere le buone, vecchie abitudini: essere curiosa, fare– magari sbagliando-, non solo immaginare e in questo mettere in pratica, appassionarsi, studiarne le fonti, cercare ispirazione nelle storie di tutti i giorni.
Riprendere a fare il formaggio in casa è il mio cruccio da un po’: una di quelle attività casalinghe accantonate a fatica, che visti i buoni propositi non poteva che essere tra le prime cose da rispolverare in questo nuovo anno.Il formaggio raviggiolo, ha origini tosco-emiliane, ed è caratterizzato da una pasta bianca fresca, ottenuta dalla cagliatura di latte vaccino crudo- solo di rado ovicaprino-, di provenienza locale. Anticamente veniva preparato subito dopo la mungitura, nel periodo invernale: il raviggiolo infatti, ha una breve conservabilità- massimo 3 giorni dalla produzione- motivo per cui si sceglievano i mesi più freddi per la sua preparazione.
Il formaggio viene avvolto in foglie di felce, di fico o di cavolo e questo gli attribuisce un sapore particolare, ma comunque delicato.
Il raviggiolo è un formaggio tenero a basso contenuto di sale, dalla pasta quasi burrosa, che si può consumare fresco oppure come ripieno dei cappelletti, secondo l’antica ricetta dell’Artusi.
Per chi volesse cimentarsi per la prima volta nella produzione di un formaggio homemade, questa ricetta si presta alla perfezione: la massa cagliata, infatti, non necessita di tagli e anche i più inesperti e i meno pazienti troveranno di che divertirsi senza troppa fatica.
Buona settimana, Manuela
- latte vaccino crudo 1,5 l
- yogurt al naturale 1 cucchiaio
- sale fino 2 cucchiaini scarsi
- caglio bovino 1,5 ml
- Pastorizzate il latte portandolo a 70°C, mescolando di continuo col cucchiaio di legno.
- Appena raggiunta la temperatura, raffreddatelo fino a 36-37°C, collocando la pentola in una più grande contenente acqua fredda.
- Unite lo yogurt, il sale e infine il caglio.
- Mescolate per 30 secondi non troppo velocemente e fate coagulare per 1 ora a temperatura ambiente, coprendo con un coperchio.
- Col coltello incidete la massa in pezzi delle dimensioni delle fuscelle, attendete un minuto, quindi con l'aiuto del mestolo, prelevate la cagliata e trasferitela nei contenitori.
- Collocate tutte le fuscelle o su un gocciolatoio, oppure su una griglia posta all'interno di una teglia capiente.
- Fate spurgare il siero per 1 ora e 15/20 minuti, poi rovesciate in un piatto (meglio se fondo, perchè il formaggio tenderà a perdere altro siero), coprite con la pellicola e fate maturare in frigorifero al massimo 2 giorni.
- Per i cappelletti, il ripieno prevede: circa 180 g di formaggio (metà ricotta e metà raviggiolo), 30 g di Parmigiano Reggiano, 1 uovo e un tuorlo, noce moscata, sale e mezzo petto di cappone passato nel burro, tritato finemente. Per i cappelletti che vedete in foto, io ho omesso la carne, diminuito l'uovo (solo 1 intero) e aumentato a 45 i grammi di Parmigiano Reggiano, per cui ho scelto una stagionatura di 30 mesi.
- La pasta è data da 1 uovo ogni etto di farina e tirata con la sfogliatrice fino a 2-3 mm.
11 comments
Che cosa meravigliosa. Complimenti. Come sempre le tue parole mi trasportano in una bellissima dimensione, e le tue foto mi rapiscono letteralmente!!! 🙂
Grazie Cristina,
sei sempre unn tesoro.
A presto!
Mi piace questa nuova abitudine, è un ottimo buono proposito!
Grazie Arianna, spero proprio di riuscirci!
Sono letteralmente in adorazione. Il raviggiolo è di quei formaggi che hanno fatto breccia nel mio cuore quando vivevo nella provincia ferrarese e, già allora, lo trovavo con difficoltà. Da quando sono andata via dall’Emilia ho fatto sempre più difficoltà a trovarlo e mi sono ostinata sempre più a cercarlo. Se riesco a trovare tutti gli ingredienti di cui necessito ci provo di sicuro a farmelo. Non sai che voglia di mangiarlo che m’è venuta ora.. accompagnato dai fichi caramellati, poi 😀
Ma sai che son proprio felice di esserti stata d’aiuto?
Ricreare certi sapori è un modo per superare i ricordi e al tempo stesso tenerli ben vivi accanto a noi 🙂
Se hai bisogno di aiuto nella tua ricerca chiedi pure!
Un abbraccio
Mi metti molta curiosità parlando delle novità inaspettate del 2016, chissà che cosa si sta muovendo nell’aria…io respiro con te e aspetto paziente.
Sono contenta di vederti tornare alle autoproduzioni di base, quelle più essenziali, sai che sono le mie preferite. E rimetti anche a me la voglia di sperimentare, ho un conto in sospeso col formaggio fresco: la scorsa estate ho provato a fare la ricotta, ma è stato un disastro. Non mi spiego perché, ma è andata così. Forse usare succo di limone e aceto di mele per cagliare non è altrettanto efficace che usare un caglio “vero” che sia animale o vegetale. Sulla qualità del latte avevo pochi dubbi, è quello delle pecore felici che pascolano davanti casa mia, ma qualcosa è andato storto. Vorrei provare anche ad autoprodurre il caglio da cardi selvatici o da brattee di carciofo, come mi ha consigliato lo scorso anno uno dei miei maestri erboristi, ma forse per il prossimo esperimento lo comprerò, per evitare altri clamorosi insuccessi…
Splendide foto, vivi davvero in un posto magico, e sai rendere questa magia al meglio possibile!
Immaginavo che ti avrei fatta felice 🙂
Era da un po’ che sentivo il bisogno di riappropriarmi di certe abitudini: i mesi appena passat sono stati una corsa senza senso e la mia “missione” per questo 2016 è riprendere possesso di quello che avevo imparato e di farlo diventare quotidiano.
Sul caglio vegetale e la ricotta purtroppo non credo potrò esserti molto d’aiuto. Volevo provare a fare un caglio dal latte di fico, ma non mi ci sono ancora cimentata. La ricotta invece ho provato a farla ogni volta dal siero ottenuto dalla prima lavorazione,ma ne ho sempre troppo poco per poterla chiamare ricotta 🙂
Dovrai venire qui prima o poi, così lo vedi dal vivo!
Un abbraccio
La prossima volta che salgo a nord ce la faremo…altrimenti salgo apposta!
Mi piace come qui le cose nuove si incastrino con quelle già conosciute, come le abitudini di un tempo trovino lo spazio dentro le scoperte, come le vecchie strade si incrocino con i sentieri che si aprono oggi all’improvviso… è un bel mix, eh? Forse gira un po’ la testa e si resta increduli come quando arriva la neve, ma è una bella danza di stimoli, tutti da vivere!
Pensando al formaggio fatto in casa e all’atmosfera della tua casa, con quella luce che batte sul legno, per un attimo mi è sembrato di essere in una malga… posso prenotare una forma coi pois? E un tavolo? E un piatto di cappelletti? E una stanza? E un abbraccio? 😀
Sì, si resta un po’ increduli e si ha la stessa faccia di quando scende la neve…hai reso bene l’idea…ma le vecchie abitudini son quelle che stan venedo fuori ancora più forti in quest’anno appena cominciato, come a voler dire che le novità sono sempre ben accette ma con un occhio attento a quello che c’era prima 🙂
Tu puoi prenotare tutto: una forma, un tavolo, un bel piatto di cappelletti, facciamo due e pure una stanza…l’abbraccio te lo mando subito!!